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IL MONOPOLIO DELL'INFORMAZIONE, o:

KETHA, MARTIRE DELLA LIBERTA'

Non abbiamo fatto a tempo a gioire per la libertà ottenuta da Ketha, che ci siamo sentiti arrivare tra capo e collo questa notizia che ci ha abbattuti, mentre ha fatto esultare i nostri "nemici": e se si esamina bene il tutto, la parola "nemico" non appare fuori luogo: quando abbiamo raccolto le firme per Ketha, la gente non ne sapeva niente di lei, perché né quotidiani né tv avevano interesse nel diffondere questo esempio di ribellione alle imposizioni, tanto più di una bambina, quasi emula, ora possiamo dirlo, di certi famosi martiri adolescenti paleocristiani.

Senza bisogno di approfondire o di scendere nei dettagli, una cosa ci è apparsa evidente comunque in quei giorni di lutto: il trionfo del monopolio dell'informazione, tutta nelle mani del "nemico", che ci vuole malati e morti, e non salutivi, liberi e vivi.

Per giorni, tutti i quotidiani e le reti televisive hanno mitragliato di notizie sulla morte di Ketha ed in maniera ignobile, senza pietà,lanciando accuse di omicidio colposo contro "ignoti", quando erano lanciate evidentemente contro i genitori.

Sarà apparso evidente agli occhi di tutti l'unilateralità dell'informazione: pur nell'abbondanza degli spazi dedicati alle notizie su Ketha, l'informazione era invece monocorde, ossia parlava sempre una parte, quella degli organi ufficiali: mai una volta che si facesse parlare il padre, del quale avremmo voluto conoscere il parere e i sentimenti, se fosse o no pentito della sua scelta, quale fosse la sua opinione sull'accaduto; oppure, parlando sfavorevolmente del metodo Di Bella, sarebbe stato opportuno ascoltare una discolpa da quella parte: invece niente, l'informazione era assolutamente monofonica, cosa ancor più evidente se si considera come mai non si fa lo stesso clamore per tutti quelli che muoiono subito dopo un trapianto pomposamente annunciato come miracolo scientifico? E perché non si fa pari clamore sui 900 malati terminali sopravvissuti con la cura Di Bella? Sopravvissuti, pensiamo noi, già solo per avere smesso la micidiale chemio.

Ma il nemico, forte del suo monopolio dell'informazione, puntava il dito accusatore su tutti quelli che erano stati favorevoli, si ricordi comunque, non al metodo Di Bella, ma alla libertà di scelta, cosa ben diversa. Infatti, la reazione della stampa è stata immediata: "Vedete? La libertà fa male, bisognava obbligarli!" Una vera dichiarazione di stato di dittatura totale!

E poi, il gioco delle ipotesi: "Con la chemio, si sarebbe salvata!" Ma se il padre l'aveva sottratta a suo tempo alla chemio perché ne stava morendo! Ma se è morta nelle mani della medicina ufficiale! La quale non aveva nulla da perdere: se Ketha fosse guarita, sarebbe stato merito loro, se fosse morta, demerito di Di Bella.

Ma ancora una volta, in questa storia, non si è colto lo spirito, cosa che ci capitava anche quando raccoglievamo le firme: non è in discussione la validità di questa o quella cura, ma il diritto alla libertà di scelta, che presuppone che non ci debba essere dopo una condanna per avere scelto questo invece di quello, se no non sussisterebbe questa stessa libertà. Pertanto, secondo noi, ogni persona ha il sacrosanto diritto di sottoporsi o no ad un determinato trattamento medico. Siamo fermamente convinti che la libertà individuale della scelta terapeutica non debba essere intaccata né dai medici del sistema "ufficiale" né dai magistrati. Ai genitori spetta, nel caso di minori, l'esercizio di questo diritto di cui stato e magistratura non debbono privare con sopraffazioni generanti conseguenze in ogni caso disastrose.

Questa è la lezione del "caso Ketha": le autorità rispettino senza interferire le decisioni dei cittadini nella loro sfera personale.

Vitale Onorato
La Leva di Archimede