G8: cronaca di una notte di terrore

Un giornalista, testimone della perquisizione da parte della polizia nella scuola che ospitava i manifestanti anti - G8 racconta le ore di terrore vissute e il pestaggio a cui è stato sottoposto.

di Olga Piscitelli

GENOVA - " Hai presente una tonnara? Sono entrati in trenta - quaranta, armati di sfollagente, coperti dal casco. Mi hanno picchiato in tre. Mi hanno ridotto una maschera di sangue".

Lorenzo Guadagnucci, 37 anni, giornalista della redazione economica del Resto del Carlino era nella scuola "Armando Diaz" di Genova al momento dell'irruzione delle forze dell'ordine, nella notte tra sabato e domenica. Ha gli avambracci scarnificati, un buco sulla spalla sinistra e un'accusa grave: associazione per delinquere finalizzata alla devastazione.

"Mi hanno sorpreso nel sonno - racconta - e hanno cominciato a picchiarmi senza motivo. Ad una ragazza che dormiva accanto a me hanno sferrato un calcio in bocca. Mi sono avvicinato per soccorrerla e due poliziotti hanno cominciato a picchiarmi. Io istintivamente ho alzato le braccia per difendermi. Quando la mattanza è finita, avevo sangue dappertutto e c'era sangue ovunque intorno a me".

Ricoverato al Galliera, nel reparto di urologia, ora Lorenzo Guadagnucci è indagato a piede libero. Davanti al Pubblico Ministero Anna Canepa, che lo ha interrogato in ospedale, ha ricostrutito le due ore di terrore, tra mezzanotte e le due, nella scuola adibita a dormitorio.

"Al grido di ora vi divertirete meno e questo è l'ultimo G8 che fate, i poliziotti hanno attaccato. C'era uno che chiamavano dottore che coordinava l'operazione. Fuori dalla scuola, più tardi, ho visto molti funzionari della questura in giacca e cravatta. I poliziotti dentro la scuola sputavano e tiravano calci; picchiavano coi manganelli e distruggevano tutto. Una furia devastatrice, una violenza mai vista. Cercavano qualcuno? Non lo hanno detto. Ho avuto l'impressione che non cercassero nessuno in particolare, che volessero colpire tutti".

Impossibile riuscire a mostrare il tesserino, dichiarare di essere un cronista: "Non hanno voluto sentire ragioni, pestavano e basta". Man mano che racconta, le immagini gli si ripresentano davanti agli occhi. "Uno degli agenti che mi avevano aggredito, poco dopo, era lì a chiedere ad un'infermiera un paio di guanti per evitare il contatto con tutto quel sangue. L'ho visto io dalla barella, mentre venivo portato sull'ambulanza".

Poi continua: "Non c'erano feriti prima, non ho visto armi in quella scuola. Ma i poliziotti urlavano eccoli qua sono loro ogni volta che dagli zaini spuntava una maglietta o un pantalone nero. Sono stati attimi di terrore. Hanno colpito tutti. Questo è l'ultimo G8 che fate continuavano ad urlare. Io li ho sentiti entrare, ho sentito i loro passi sulle scale, ma non mi sono reso conto di quanto stava per accadere. Era mezzanotte. Alle due meno un quarto ero sull'ambulanza".

Le immagini riaffiorano a sprazzi. "Uno dei ragazzi aggrediti ha avuto una crisi epilettica, nessuno dei poliziotti ha fatto nulla. Alla fine, hanno separato noi feriti dagli altri. C'è voluto un sacco prima che arrivassero i soccorsi".
Ricoverato con molti compagni di disavventura, Lorenzo Guadagnucci si ritroverà piantonato nella stanza al primo piano dell'ospedale genovese. "Ho saputo dall'infermiere di turno di essere in stato di fermo - dice ancora Guadagnucci - nessuno mi ha detto nulla ufficialmente. L'accusa contestata l'ho appresa dai giornali, quando ho potuto leggerli".

Telefonino sequestrato, isolato per 48 ore, Guadagnucci è ora in libertà. "E' assurdo che mi accusino di associazione a delinquere, mi sono fermato a dormire in quella scuola, con gli altri, per vivere fino in fondo da cronista la giornata della manifestazione anti - G8. Mi sono ritrovato da testimone dei fatti a indagato".

Con Guadagnucci nella stessa aula della Diaz c'era anche Arnaldo Cestaro, 62 anni, di professione rottamaio. Si sono ritrovati vicini di letto nella stanza dell'ospedale genovese. "Sono arrivato da Vicenza con uno dei pullman organizzati da Rifondazione - racconta Cestaro - ho partecipato al corteo di sabato e poi mi sono fermato a Genova per incontrare un'amica di famiglia. Sabato sera quando ho sentito quei passi sulle scale ho pensato che fossero le tute nere. Mi avevano messo in guardia. Invece erano i poliziotti".

Un braccio con fratture multiple, una gamba rotta, lividi ovunque e trenta punti di sutura persino tra le dita delle mani, Arnaldo Cestaro ne avrà per sessanta giorni. "Mi hanno massacrato a calci, mi hanno ridotto uno straccio. Io dormivo lì dentro dalle 22. Poi sono arrivati i poliziotti. Avevano il casco, ma li ho visti: la loro faccia era terrea, scura. Mi aspettavano gli amici a Lavarone, in vacanza, per giocare a bocce. Per quest'estate, dovrò rinunciare".

(24 LUGLIO 2001; ORE 18:55)