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CONTENUTO VITAMINICO DEGLI ALIMENTI

       Per stabilire il contenuto vitaminico della dieta si può ricorrere alle tabelle sul contenuto vitaminico degli alimenti. Si tratta, però, di dati molto imprecisi e la valutazione dello stato di vitaminizzazione dovrebbe essere effettuata prendendo in considerazione il bilancio vitaminico e dosando le varie vitamine sia nel cibo effettivamente consumato da ciascuno, sia negli escreti delle ventiquattro ore.
       Indagini del genere consentirebbero di stabilire, per le singole vitamine, se lo stato di nutrizione è adeguato, di individuare i fattori etiopatiogenetici di singole carenze e di suggerire una somministrazione di vitamine mediamente capace di prevenire e/o curare tutti i soggetti che, a causa di quei fattori presentano o possono presentare una data carenza.

VARIAZIONE DEL CONTENUTO VITAMINICO DEGLI ALIMENTI SOTTOPOSTI A TRATTAMENTI TECNOLOGICI

       Il contenuto delle vitamine negli alimenti crudi non è mai costante: infatti esso differisce ampiamente in rapporto alle variazioni genetiche ed ai metodi di coltivazione e di raccolta.
       Oggi, grazie alla razionalizzazione delle culture, anche se esiste ancora una grande variabilità, il contenuto vitaminico degli alimenti crudi disponibili è più elevato che in passato.
       Dopo la raccolta, però, gli alimenti vengono trasportati ai magazzini e la manipolazione da essi subita durante la fase preliminare può provocare delle perdite vitaminiche considerevoli, talvolta persino superiori a quelle che si verificano nel corso della vera e propria fase di trattamento.
       La verdura e la frutta, che vengono conservate per lungo tempo prima di essere consumate, subiscono ingenti perdite vitaminiche a causa della attività enzimatica. La vitamina C è quella che va incontro alla maggiora degradazione: ad esempio il suo contenuto nelle mele conservate in casa per due o tre mesi si può ridurre a circa un terzo. La verdura è soggetta a perdite ancora maggiori: se viene conservata a temperatura ambiente dopo pochi giorni perde praticamente tutta la vitamina C; invece, se la conservazione avviene a temperatura 0¡, le perdite sono molto minori.
       Le perdite di vitamina A, durante lo stoccaggio degli alimenti, possono raggiungere anche il 35%, mentre il
b-carotene, più stabile della vitamina A, subisce un decremento del 20% negli alimenti conservati per un anno.
       Elevate perdite di vitamine idrosolubili si possono avere anche in cucina durante la preparazione delle verdure che, normalmente, vengono lavate in grandi quantità d'acqua come trattamento preliminare e, spesso, vengono lasciate a bagno per tutto il tempo che intercorre tra la preparazione e la cottura.
       Fattori ambientali come l'aria, la luce ed il calore possono provocare notevoli perdite vitaminiche in quanto la maggior parte delle vitamine, ad eccezione della B12 e della niacina, sono instabili al calore, la vitamina C è facilmente ossidabile e la riboflavina è sensibile alla luce.
       In estate, per esempio, il latte perde il 90% del suo contenuto di riboflavina se esposto al sole per due ore, il 45% se il tempo è nuvoloso ed il 30% se il cielo è completamente coperto. In condizioni favorevoli, cioè alla luce che si può avere dentro una stanza, si va incontro ad una perdita del 30% nel giro di 24 ore.
       Anche i trattamenti che comportano alte temperature, come ad esempio, la cottura, lo sbiancamento (blanching), l'essiccamento e l'inscatolamento provocano significative perdite vitaminiche. Infatti, il trattamento termico degli alimenti ha in genere un effetto negativo sul loro contenuto vitaminico anche se la cottura viene considerata uno dei metodi migliori per proteggere i prodotti alimentari dell'azione microbica.
       Durante le normali operazioni di cottura, quali la preparazione casalinga dei vegetali, della frutta e dei cereali freschi, si può andare incontro a perdite vitaminiche che si aggirano in media, in genere, intorno al 75% ma che possono talora raggiungere il 100%. In particolare vengono distrutte dalla cottura le vitamine idrosolubili quali la tiamina, la riboflavina e la vitamina C.
       Con l'ebollizione la perdita è ancora maggiore in quanto, per la facile idrosolubilità, la vitamina C passa nell'acqua di cottura. Va rilevato tuttavia che tale perdita è proporzionale al tempo di cottura e dipende anche dal tipo di vegetale utilizzato. Per questo motivo molti vegetali andrebbero cotti a vapore e non in acqua. La cottura a vapore, infatti comporta perdite minime di       Nel caso delle patate, inoltre, la pelatura prima della cottura rimuove una larga percentuale della vitamina C. Con la frittura si arriva nelle patate ad una distruzione del 30-50% della vitamina C.
       Perdite del 30-50% di piridossina e di acido pantotenico si osservano in seguito alla frittura di carni e vegetali. La bollitura della carne porta ad una perdita di vitamina B12 che può raggiungere il 30%.
       Durante la panificazione si ha una diminuzione della tiamina, soprattutto nella crosta, del 15-20% e di acido folico del 30%; non sembra invece influenzato il contenuto di niacina e di riboflavina.
       Per quanto riguarda le vitamine liposolubili, soprattutto con la frittura, si possono avere ingenti perdite di vitamina E, A e carotene.
       Nell'esaminare una grande varietà di cibi è stato riscontrato che, mentre la cottura casalinga non implica grandi perdite di vitamina E, i trattamenti industriali, invece, ne possono provocare perdite considerevoli.
       La vitamina A, presente nella margarina, subisce una perdita del 16% quando l'alimento è sottoposto ad una temperatura di 100¡C per 30 minuti; tale perdita può raggiungere il 70% se il tempo viene triplicato. Una temperatura di 160¡C distrugge il 70% di vitamina A in 30 minuti ed il 100% in un'ora. La distruzione avviene poi totalmente, soltanto in 10 minuti se la temperatura raggiunge i 180¡C.
       Il
b-carotene subisce una diminuzione del 40% se esposto per 15 minuti ad una temperatura di circa 150¡C.
       Negli stadi iniziali dei trattamenti tecnologici i vegetali, come abbiamo già detto, vengono sbiancati per inattivare i sistemi polifenolossidasi, acido-ascorbico-ossidasi e talvolta le lipasi. Le perdite dovute allo sbiancamento dipendono dalle condizioni in cui esso viene effettuato. Generalmente lo sbiancamento mediante vapore ed in tempi brevi è preferibile ad un riscaldamento prolungato a temperatura più bassa.
       In base a recenti valutazioni si ritiene che le perdite dovuto allo sbiancamento varino tra il 13% ed il 60% per la vitamina C, 2-30% per la tiamina, 5-40% per la riboflavina.
       Con lo sbiancamento a vapore degli spinaci, per la doratura di circa due minuti, si è riusciti a contenere le perdite di tiamina, riboflavina, vitamina C e niacina entro il 12%, mentre con lo sbiancamento ad immersione per 3-5 minuti è stata osservata un perdita di vitamina C del 5-36% e, per 45 minuti, del 94%.
       Le perdite di vitamina C durante lo sbiancamento sono dovute ad ossidazione o a passaggio in soluzione. Pertanto i vegetali di piccoli dimensioni, od i pezzi con superficie relativamente estesa, perdono, in rapporto al loro peso, maggiore quantità di vitamina C rispetto a quelli più grandi.
       L'operazione di scottatura delle carote e di altri vegetali provoca perdite trascurabili di
b-carotene. Con questo procedimento non si ottiene, però, normalmente una inattivazione enzimatica completa, ed è quindi necessario arrivare a temperatura di sterilizzazione.
       Una delle vitamine più sensibili a queste temperature è risultata la vitamina C. Nel corso dell'inscatolamento del succo di pomodoro ne sono state riscontrate perdite dal 10 al 75%.
       E' comunque possibile, mediante opportuni accorgimenti, contenere tali perdite entro il 10-20%.
       Nel confenzionamento di omogeneizzati per bambini in vasetti di vetro si è riusciti ad ottenere, dopo la sterilizzazione in autoclave (30-90¡C), una perdita di vitamina C entro il 10-20%.
       Durante l'inscatolamento di carne o pesce si sono avute perdite di tiamina di circa il 20-70%, ma con l'inscatolamento asettico la perdita di tale vitamina è stata limitata al 5%.
       Succhi di frutta e pomodori, sterilizzati in autoclave con un tempo di trattamento breve e mantenuti ad una pH basso, non hanno subito invece perdite di tiamina.
       La sterilizzazione ad alte temperature per un breve periodo di tempo sta ottenendo numerosi consensi in quanto che un aumento di 10¡C della temperatura determina una disfunzione batterica 10 volte maggiore, ma soltanto una duplicazione delle reazioni chimiche che portano alla distruzione delle vitamine. Nei prodotti inscatolati sterilizzati convenzionalmente, cio è dopo il confezionamento, la penetrazione del calore è però molto lenta e non uniforme; si preferisce, quindi oggi, sterilizzare il prodotto prima del confezionamento. In tal modo tutto l'alimento viene sottoposto allo stesso ciclo di riscaldamento e raffreddamento e, contemporaneamente, si ottiene una considerevole riduzione delle perdite vitaminiche.
       Durante la pastorizzazione e la sterilizzazione ad alte temperature del latte si è visto che le perdite della vitamina C si aggirano intorno al 20%, mentre con la sterilizzazione in bottiglia si verificano perdite fino al 50%.
       Inoltre la sterilizzazione in bottiglia del latte distrugge circa il 30% di tiamina e di piridossina, il 50% di acido folico e circa il 50% di vitamina B12; mentre la sterilizzazione ad alte temperature riduce la perdita di tiamina e di piridossina al 10%, di acido folico al 10-20% e di vitamina B12 al 20%.
       Le vitamine liposolubili si presentano, invece, più stabili e resistenti a questi trattamenti. Infatti, nel latte, in seguito alla pastorizzazione o alla sterilizzazione, non si hanno perdite significative né di vitamina A, né di carotene e né di vitamina D.
       Le tecniche di disidratazione non provocano di per sé ingenti perdite vitaminiche. L'entità della distruzione delle vitamine nei cibi disidratati dipende soprattutto dagli accorgimenti seguiti durante le fasi preliminari (sbucciamento e sbiancamento dei legumi e delle verdure), dalle condizioni operative (temperatura) e da quelle di stoccaggio.
       Ricerche sulle perdite vitaminiche di una serie di vegetali disidratati mediante l'uso di essiccatori a tunnel di aria compressa in flusso incrociato hanno messo in evidenza come le perdite maggiori siano avvenute proprio durante le operazioni di sbiancamento.
       In seguito al processo di disidratazione si sono verificate perdite di tiamina, tanto maggiori quanto più alta è la temperatura raggiunta, e perdite di vitamina C e di carotene a causa dei processi ossidativi. Le più moderne tecnologie, quali l'essiccamento previa vaporizzazione e la liofilizzazione, preservano invece il contenuto vitaminico dei prodotti.
       Anche il processo di surgelazione, come quello di disidratazione, non distrugge le vitamine; la perdita si verifica prima dello sbiancamento che si verifica prima del surgelamento. Importanza maggiore si deve invece attribuire alla temperatura di conservazione dei prodotti.
       La conservazione a -18¡C ed a temperature inferiori mantiene pressoché inalterato il contenuto vitaminico: al contrario una conservazione con temperature superiori a -9¡C provoca, dopo un certo periodo di tempo, la perdita delle vitamine facilmente ossidabili. Ad esempio, è stato rilevato che asparagi, piselli e fagioli, dopo 6 mesi di conservazione, a -9¡C, preservano solo il 50% del contenuto originario di vitamina C.
       Grande importanza per le perdite vitaminiche assumono anche le temperature che si raggiungono durante la distribuzione dei prodotti.
       Studi effettuati sul contenuto vitaminico degli alimenti surgelati, conservati per 12 mesi a -20¡C, hanno messo in evidenza che le perdite di vitamina C erano state inferiori al 15%, mentre le perdite di carotene e di del complesso B erano state lievissime. In particolare, per le vitamine del complesso B è stato osservato che , dopo un'anno di conservazione a -18¡C, asparagi e piselli presentavano un perdita del 10%, broccoli e fagiolini del 30%, spinaci e cavolfiori del 50%; tali perdite sono state attribuite all'ossigeno residuo ed alla luce quale venivano esposte le confezioni.
       Sembra che l'ossigeno residuo nei contenitori ermeticamente sigillati degradi soprattutto la vitamina C, facilmente ossidabile.
       E' evidente, quindi, l'importanza di ridurre il contenuto dell'ossigeno residuo negli alimenti trattati e la loro esposizione alla luce.
       Infine, recenti ricerche hanno messo in evidenza come il rinvenimento di salse, primi e secondi piatti precucinati surgelati può portare ad una ulteriore perdita di vitamina A che dipende, fra l'altro, anche dal tipo di riscaldamento utilizzato (su fiamma diretta, in bagnomaria, forno. Ad esempio, è stato osservato che le lasagne al forno, alla rimessa in temperatura con forno, subiscono un calo dell'82,1% di vitamina A, e le carote al burro, ricche di b-carotene, presentano, con la stessa procedura, una perdita di tale vitamina del 70%.

VARIAZIONI DEL CONTENUTO VITAMINICO DEGLI ALIMENTI TRATTATI CON ADDITIVI CHIMICI

       Per quanto riguarda gli additivi chimici, che normalmente vengono usati in campo alimentare è stata già riconosciuta da molti AA. l'influenza che essi esercitano sul contenuto vitaminico degli alimenti.
       L'anidride solforosa, aggiunta durante il processo di disidratazione per preservare il colore dei prodotti, protegge la vitamina C in quanto inibisce la perossidasi ma, contemporaneamente, esercita un'azione negativa sulla tiamina determinandone una grave perdita. La tiamina infatti in presenza di anidride solforosa o di solfiti, viene rapidamente scissa e l'anello pirimidinico viene trasformato in un composto solfonato.
       Un altro caso di iterazione fra vitamine ed additivi è quello dei nitrati con l'acido ascorbico.
       Su tale argomento anche noi abbiamo condotto alcune ricerche; in particolare abbiamo osservato l'azione del nitrito e del nitrato di sodio sulla stabilità della tiamina e del solfito di sodio sulla tiamina e sulla vitamina C.
       Gli additivi che sono stati da noi considerati presentano una vasta applicazione in campo alimentare: il nitrito ed il nitrato di sodio vengono utilizzati come stabilizzanti del colore e preservanti nella preparazione e nella conservazione di carni in scatola ed insaccati, il nitrito di sodio trova impiego nei formaggi fusi, come gelificante, per aumentare la consistenza e migliorarne l'aspetto e come "sequestrante" in quanto elimina le tracce di metalli dannosi alla conservazione; i solfiti vengono invece utilizzati come preservanti nelle conserve vegetali, nelle marmellate e nei succhi di frutta.
       Nelle nostre ricerche sono state impiegate soluzioni pure di vitamine e additivi nei medesimi rapporti che si riscontrano negli alimenti.
       I risultati ottenuti hanno messo in evidenza che, nelle soluzioni di tiamina con nitrito o nitrato di sodio conservate a temperatura ambiente per 45 giorni, la concentrazione della vitamina risultava diminuita di circa il 30%. Quando le soluzioni venivano conservate invece alla temperatura di 55¡C, onde disporre di dati relativi a campioni invecchiati, si riscontrava una perdita di tiamina del 90% in presenza di nitrito di sodio e dell'80% in presenza di nitrato di sodio. Anche il solfito di sodio ha provocato un decremento della tiamina, ma ha anche esercitato una azione protettiva sulla vitamina C. Infatti, dopo 45 giorni la concentrazione della vitamina C si è mantenuta pari al 40% laddove, in sua assenza, è scomparsa dopo soli 6 giorni.
       Va rilevato, infine, che le vitamine stesse possono essere usate come additivi. E' questo il caso della vitamina C, la cui aggiunta è stata raccomandata nelle carni trattate con i nitriti onde bloccare la formazione delle nitrosamine, sostanze altamente cancerogene, e del tocoferolo che viene invece usato come antiossidante per migliorare la stabilità degli oli ricchi in acidi grassi polinsaturi.


Tratto da:

LE VITAMINE NELLA PRATICA MEDICA
Scritto da Alberto Fidanza
Alexandra Costa-Fidanza
Vittorio Pace
Nuova Impronta edizioni ROMA


Non si intende far utilizzare le nozioni contenute in queste pagine per scopi diagnostici o prescrittivi.
Per qualsiasi trattamento o diagnosi di malattia, rivolgetevi ad un medico competente.