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PRODOTTI VITAMINICI
AD ALTO DOSAGGIO
Permessi o non permessi?

Josef Hasslberger
PRO.SA.NA.
Roma


INTRODUZIONE

Si è posto negli anni e si pone ancora il problema della situazione legale dei prodotti vitaminici ad alto dosaggio in Italia.
I prodotti vitaminici ad alto dosaggio, per intenderci, sono quelli che superano largamente le quantità RDA (Recommended Daily Allowance)/LARN, (Livelli di Assunzione Raccomandati di energia e Nutrienti) (1), cioè quelle quantità minime che garantiscono, secondo gli esperti, l'assenza delle malattie da carenza nella maggior parte della popolazione.
Esempi di alti dosaggi sono la vitamina C da un grammo (1000 mg), la vitamina E in centinaia di unità internazionali, le vitamine del complesso B a decine di milligrammi ognuna, e prodotti multivitaminici che si avvicinano in uno o più dei loro componenti a questi dosaggi.

Esiste un diverbio fra i fautori di alte dosi e nutrizionisti della "vecchia guardia", gli uni convinti che dosi massicce di certe vitamine abbiano effetti protettivi e gli altri che non abbiano alcun effetto. Non viene posto il problema della eventuale tossicità e pericolosità dei prodotti vitaminici ad alto dosaggio.
Il problema scientifico-filosofico è quindi: serve o non serve assumere vitamine oltre quanto viene consigliato per evitare le carenze evidenti?
Probabilmente questo diverbio "filosofico" continuerà ancora per decenni, ma lo stato o l'autorità amministrativa che ne è l'emanazione, non può, senza una legislazione chiara, mettersi dalla parte dei "conservatori", di quelli che negano l'utilità di una assunzione a dosi alte, e proibire di fatto che il cittadino scelga.
La legislazione italiana non prevede espressamente il prodotto vitaminico ad alto dosaggio non medicinale e da questa lacuna sorgono dei problemi sia per il commercio di questi prodotti che per la loro produzione italiana.

Dobbiamo comunque tenere ben separati due concetti diversi, cioè l'attuale situazione del mercato e del consumo in Italia di questi prodotti, che sono entrati a far parte della realtà quotidiana della gente, e la situazione amministrativa "ufficiale", visto che una legislazione specifica per questi prodotti non esiste.

LA REALTA' DEL MERCATO

In Italia finora è andata cos“: il Ministero della Sanità ha stabilito ufficialmente che la sua posizione è quella dei limiti collegati all'RDA, ma in realtà non ha potuto (o non ha voluto) eliminare dal mercato italiano una serie di prodotti ad alto dosaggio che, in altri paesi dell'Unione Europea, sono in libera vendita. Cos“ il mercato si è sviluppato ed oggi esiste in Italia una nutrita schiera di consumatori molto attenti alla salute ed alla prevenzione, che regolarmente assumono dosi alte, di vitamine.

Questi consumatori (oltre un milione secondo una stima non ufficiale) sono molto ben informati e basano la loro scelta in genere sul consiglio di esperti nutrizionisti e operatori delle medicine naturali (medici, farmacisti ed anche erboristi), oppure sulla letteratura. Sono infatti moltissimi i libri in commercio che consigliano l'assunzione di dosi alte, mentre altri la sconsigliano.
La scelta dei consumatori sembra perciò ben meditata, venendo da una valutazione di informazioni contrastanti che sono oggi disponibili.
E' chiaro che si può essere di opinione contraria, cos“ ognuno sarà libero di scegliere se assumere questi prodotti o no.
In ogni caso il principio della libertà di scelta va rispettato e, per dire la verità,è stato rispettato finora in Italia, anche se non ancora in modo "ufficiale".

LA PRASSI AMMINISTRATIVA E LA LEGISLAZIONE ITALIANA

La situazione suddetta, "tipicamente italiana", del consumo delle vitamine ad alti dosaggi si scontra con una prassi amministrativa apparentemente molto restrittiva.

a. Integratori

Il Ministero della Sanità fa rientrare gli integratori alimentari nella legislazione sui prodotti dietetici (2). Infatti, secondo la circolare Ministeriale (3), "In attesa di provvedimenti normativi che portino ad un inquadramento autonomo degli integratori alimentari e degli alimenti arricchiti, in Italia gli alimenti addizionati di vitamine e/o di minerali e gli integratori di tali nutrienti ricadono nel campo di applicazione del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 111 (.doc) concernente i prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare....."

Questa impostazione non poco problematica dal punto di vista legale, perché il D.Lgs. 111 definisce con esattezza le categorie di persone cui sono destinati i prodotti "dietetici" o "di alimentazione particolare", e quindi non sembra possibile considerare regolati dalla legge prodotti che non si rivolgano ad una delle categorie di persone definite. Inoltre, una circolare ministeriale non sembra lo strumento adatto per introdurre modifiche a leggi esistenti.

Oltre al problema della legalità o meno della posizione ministeriale suddetta, esiste un'altro problema rilevante: la limitazione dei dosaggi, cioè il confine arbitrario stabilitosi nel tempo tra la concentrazione considerata alimentare o farmaceutica.

b. Farmaci

Passiamo pertanto ad esaminare la legislazione sui medicinali e sull'alimentazione.
I medicinali sono definiti per legge (4) "ogni sostanza o combinazione di sostanza alle quali si attribuiscano proprietà capaci di curare o prevenire malattie nell'uomo e nell'animale, e che sono somministrate allo scopo di effettuare una diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare le funzioni organiche".
Si può desumere dalla definizione che è importante il concetto della presentazione del prodotto in chiave curativa o profilattica, per poter ritenere che un prodotto sia un medicinale.

Per quanto riguarda la seconda parte della definizione, è evidente che bisogna adottare un'interpretazione non troppo larga del concetto di medicinale, visto che bisogna in qualche modo dare spazio anche all'alimento, contiguo e storicamente frammisto con il primo per nostra tradizione, da Paracelso ai giorni d'oggi.

E' infatti palese che anche un'alimentazione sana ha effetti preventivi. Sentiamo parlare della dieta mediterranea che purtroppo sembra destinata all'estinzione anche nel Bel Paese, e delle sue proprietà anti- cancro e di prevenzione delle malattie dell'apparato cardiocircolatorio.

Questo per dire che non tutto quello che può "prevenire" si deve considerare medicinale. Altrimenti ci ciberemmo di farmaci con tutte le conseguenze legali che ne deriverebbero.

Un elemento importante manca nella legislazione: non esiste alcun riferimento al "dosaggio" degli ingredienti quale caratteristica distintiva del prodotto medicinale.
Non esiste cioè una soglia, superata la quale, una sostanza alimentare si deve considerare medicinale.

Il medicinale può essere definito solamente come prodotto, e di conseguenza in termini di destinazione d'uso, ma non come sostanza o concentrazione della sostanza.
Alla luce di quanto detto, sarebbe pertanto del tutto arbitrario e privo di fondamento legislativo, per esempio, definire un prodotto vitaminico alimento fino ad una certa concentrazione e medicinale a dose superiore.

c. Dietetici

Nel decreto legislativo n. 111, che definisce e regolamenta gli alimenti particolari, non esiste alcun riferimento ad una distinzione tra alimento e medicinale basata sulle sostanze impiegate oppure sulla concentrazione delle stesse. Nella definizione si fa riferimento alla destinazione d'uso del prodotto, parlando di un certo "obiettivo nutrizionale" e della commercializzazione del prodotto, con una indicazione di conformità a tale obiettivo.
Il campo di applicazione della normativa viene poi ristretto a ben definite categorie di persone ("con processo di assimilazione o metabolismo perturbato", "in condizioni fisiologiche particolari" e "lattanti o i bambini nella prima infanzia"), escludendo di fatto i prodotti salutistici di uso generalizzato, per la maggior parte prodotti vitaminici, che si rivolgono a tutti i consumatori, a prescindere da particolari condizioni metaboliche/fisiologiche.

d. Alimenti

Infine, è importante esaminare la normativa sull'etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari (5). Purtroppo il termine "prodotto alimentare" non viene definito, come invece era avvenuto con la normativa sulle specialità medicinali.

Viene però introdotto il divieto di indurre, attraverso l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari, ad attribuire al prodotto "proprietà atte a prevenire, curare o guarire malattie umane".
Anche qui notiamo l'evidente risalto dato alla destinazione d'uso del prodotto, mentre è assente, come nel caso delle altre leggi, qualsiasi riferimento al tipo di ingrediente e sue concentrazioni.

L'unico principio attinente in qualche modo alla formulazione del prodotto alimentare è quello della sicurezza o della igienicità del prodotto. Il produttore risponde del fatto che il suo prodotto sia innocuo al consumo, non abbia cioè caratteristiche tali da compromettere la salute nelle normali condizioni d'uso.
RDA IN ITALIA

Se non esiste alcun riferimento legislativo relativo a "dosaggi di vitamine", su quali considerazioni si basa allora la limitazione sostenuta per anni dal Ministero della Sanità, secondo la quale tutti i prodotti con dosaggi vitaminici superiori all'RDA sarebbero da considerarsi medicinali?

La soglia RDA è un limite del tutto arbitrario e risale alla ormai superata legge del 1951 sui prodotti dietetici (6). Anche quella legge però non faceva riferimento esplicito a dosaggi limite. La legge riguardava, oltre i prodotti per diabetici e gli alimenti per l'infanzia, anche tutti gli alimenti addizionati di vitamine. Naturalmente, quando un alimento viene proposto al consumatore come alimento di uso corrente (pane, pasta, latte, succo di frutta) ma con l'addizione di vitamine, ha senso parlare di un limite ispirato all'RDA. Il consumatore infatti in questo caso non fa una scelta specifica di assumere delle vitamine; sceglie solamente tra i tipi di pasta quella più salutare perché "dietetico".
Nel caso di un prodotto vitaminico vero e proprio, un limite ispirato all'RDA invece diventa controproducente. Limita la scelta del consumatore senza alcuna giustificazione razionale, salvo l'opinabile asserzione, "non abbiamo evidenze scientifiche sugli effetti benefici ottenuti somministrando concentrazioni più elevate e pertanto le vietiamo".
Permettere o vietare non dovrebbe essere a discrezione del Ministero della Sanità. Secondo il principio qui gratis asseritur gratis negatur, la suddetta asserzione non ha valore legale e non fa diventare medicinale una sostanza o un prodotto che medicinale non vuol essere e che nemmeno è presentato come tale.

Secondo il trattato dell'Unione Europea, le autorità sanitarie dei singoli paesi possono intervenire per limitare la libera circolazione delle merci nei casi in cui ci siano delle fondate preoccupazioni per la salute dei cittadini: sinora però non sono state avanzate preoccupazioni di questo tipo.
Non esistono evidenze che dosaggi più alti delle RDA di vitamine, come si trovano generalmente in commercio, siano dannosi per la salute. Esistono peraltro lavori scientifici che testimoniano la sicurezza di dosaggi vitaminici anche elevati.
In conclusione l'unica limitazione sul dosaggio di sostanze nutrienti quali le vitamine nella formulazione del prodotto alimentare, è quella basata sulla sicurezza del prodotto. Quando un alimento è pericoloso per la salute dei consumatori, è giustissimo che le autorità intervengano. Quando invece queste preoccupazioni non sussistono, una limitazione imposta a causa di "ragioni storiche" non è legittima e cozza contro il diritto alla libertà di scelta dei consumatori.

Sembra quindi evidente che né un decreto ministeriale e tantomeno una non chiara "impostazione storica" possano dettare legge. Il limite "storico" delle vitamine a dosaggi RDA negli alimenti è illegittimo, perché non basato su emanazione legislativa.

LA SITUAZIONE INTERNAZIONALE

L'Italia fa parte di una comunità economica (e politica) basata su accordi tra gli stati membri, e uno dei principi sui quali questa unione si basa è quello della libera circolazione delle merci.
Perciò è un dato acquisito che i prodotti alimentari possano circolare liberamente, con la sola eccezione di quelli che possono dare fondate preoccupazioni per la salute dei cittadini.
E' comunque in fase di riordino a livello europeo tutto il campo dei prodotti salutistici, soprattutto per quanto riguarda vitamine e minerali.
Nel 1989, quando venne discussa la direttiva sull'alimentazione particolare (7), recepita poi in Italia col D.Lgs n. 111/92, in un primo momento si era pensato di regolamentare, anche gli integratori non specifici, tant' è vero che nel primo progetto di direttiva gli integratori furono inseriti nell'elenco delle direttive specifiche da emanare. All'ultimo momento però, è mancato l'accordo per inserire gli integratori "normali", cioè non dietetici, in quella norma specifica.
Di conseguenza fu eliminata la categoria degli integratori dalla proposta di direttiva e la Commissione si ripromise di proporre una norma specifica per questi prodotti.
Infatti il Direttorato Generale III della Commissione Europea sta in questo momento elaborando una normativa che unificherà la legislazione dei paesi membri in materia.

Le discussioni in atto vertono sulla necessità di rispettare la scelta dei consumatori e sulla garanzia di sicurezza dei prodotti, e sembra scontata la loro collocazione nell'area alimentare.
I consumatori europei hanno il diritto acquisito di prendersi cura della propria salute e di acquistare i prodotti necessari nei paesi dove questi prodotti sono liberamente disponibili ed anche in quei paesi dove il prodotto vitaminico viene "tollerato", più o meno esplicitamente, dalle autorità.

La garanzia di sicurezza, questione squisitamente scientifica, si basa sulla valutazione dei dati ottenuti nella ricerca. In lavori pubblicati recentemente due gruppi di ricercatori (8, 9, 10) l'uno indipendentemente dall'altro, dopo attenta disamina delle pubblicazioni scientifiche, hanno indicato i livelli di dosaggio ritenuti sicuri per ciascuno dei principali nutrienti per i quali esistono RDA.

Anche il Comitato Scientifico (Scientific Committe on Food) della Commissione Europea ha iniziato un lavoro simile, con l'intento di stabilire i dosaggi dei vari nutrienti che non destano preoccupazione, nell'uso alimentare umano.
Negli USA, la recente legislazione, introdotta nel 1994, (11) definisce il prodotto vitaminico "dietary supplement", stabilisce regole di sicurezza e di promozione/informazione e, in modo univoco, tronca i tentativi precedenti della Food and Drug Administration di dichiararlo medicinale o "additivo". La legge stabilisce chiaramente che si tratta di prodotti alimentari.

L'Olanda ha introdotto recentemente una nuova legislazione (12), introducendo il principio della libertà di formulazione per quanto riguarda le vitamine, con l'eccezione delle vitamine A e D, per le quali è stato stabilito un dosaggio massimo consentito, dato che un sovradosaggio di queste sostanze potrebbe indurre effetti avversi.

Nel Regno Unito i prodotti vitaminici vengono venduti "storicamente" come alimenti.

Anche il Codex Alimentarius, un organismo internazionale fondato da FAO (Food and Agriculture Organization) e WHO (World Health Organization) delle Nazioni Unite nel 1962, e che si occupa di fissare standard di sicurezza basati su dati scientifici per i prodotti alimentari, si sta occupando dei prodotti vitaminici.
Dopo una proposta iniziale restrittiva, la discussione si sta ora spostando verso il concetto della sicurezza alimentare.

DOVE VA L'ITALIA?

La discussione internazionale si è spostata quindi sulla sicurezza del prodotto vitaminico, mentre il mercato interno ha raggiunto notevoli dimensioni: questi due fatti ci fanno pensare che non sia il momento giusto per andare in contro-tendenza.
E' vero che si fa molta attenzione alla tutela dei consumatori ma è altrettanto vero che quella tutela non deve essere invasiva al punto di togliere al consumatore la possibilità di scegliere, specialmente quando la limitazione non è basata su una presunta dannosità del prodotto, bens“ su un'impostazione meramente filosofica o "storica".

Infine, è sempre più evidente che esiste, anche in Italia, un numero elevato di consumatori dei prodotti vitaminici ad alto dosaggio ben informati e ben determinati a non farsi soffocare da una eccessiva vocazione protettiva, un atteggiamento da "tata" da parte delle autorità.

Bibliografia

1. E. Turchetto (1991) Guida ad una alimentazione corretta vol. 4, Quaker - Chiari e Forti, Milano, p 8-9
2. (1992) Decreto Legislativo 27 gennaio 1992 n. 109. Attuazione della direttiva 89/938/CEE concernente i prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare. Gazz. Uff. n. 39, 17.2.1992, p 61-66
3. (1996) Circolare Ministeriale n. 8 del Ministero della Sanità, 16.4.1996 Gazz. Uff. n.102, 3.5.96 pag. 53
4. (1991) Decreto Legislativo 29 maggio 1991 n. 178. Recepimento delle direttive comunitarie in materia di specialità medicinali, Gazz. Uff. n. 139, 15.6.1991
5. (1992) Decreto Legislativo 27 gennaio 1992 n. 109. Attuazione delle direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE concernenti l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari. Gazz. Uff. n. 39, 17.2.1992, p 43-56
6. (1951) Legge 29 marzo 1951 n. 237 Disciplina della produzione e vendita di alimenti per la prima infanzia e di prodotti dietetici.
7. (1989) Direttiva del Consiglio 89/398/CEE relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti i prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare GUCE 3.5.1989
8. Shrimpton Derek H.(1995) Essential Nutrients in Supplements - Pubblicato da: The European Federation of Associations of Health Product Manufacturers.
9. Shrimpton Derek H.(1997) Vitamins and Minerals - A Scientific evaluation of the Range of Safe Intakes - Pubblicato da: European Federation of Health Product Manufacturers
10. Hathcock John N. (1997) Vitamin and Mineral Safety - Pubblicato da: Council of Responsible Nutrition Washington, D.C.
11. USA (1994) PL 103-417 Dietary Supplement Health and Education Act of 1994
12. Olanda (1994) Warenwetregeling Vrijstelling vitamine preparaten. (Regolamento merceologico - liberalizzazione prodotti vitaminici) Staatscourant n. 61, 28-03-1994 pag. 12