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L'erboristeria - polo dei salutistici?


Possiamo immaginare l'erborista senza erboristeria e vice versa? Una prima risposta impulsiva sarebbe sicuramente no. Però di fatti, l'erborista diplomato potrebbe benissimo trovare un suo posto nelle realtà produttive, nella consulenza sia alle aziende che al pubblico, oltre che ad essere titolare del punto vendita che è l'erboristeria. Ma un'erboristeria senza l'erborista? Chi avrebbe mai immaginato una cosa simile. Eppure non è del tutto escluso, come vedremo più avanti.

"Erborista Chi" - questo era il titolo di un convegno organizzato dalla redazione di Erboristeria Domani, sul tema delle licenze commerciali dei negozi erboristici. Il convegno si è tenuto a Verona, ospitato da Herbora-Greenlife, il 23 marzo scorso e ha visto interventi interessantissimi. I relatori hanno illustrato agli ascoltatori i punti di vista sia del mondo accademico, delle autorità sanitarie, degli erboristi, del mercato europeo che del legislatore italiano che in questo momento sta predisponendo una normativa per il settore.

Licenze ed altro...

Già nell'edizione di dicembre del '96, il tema è stato trattato da Erboristeria Domani in un articolo intitolato "Erboristi sans papiers". L'articolo portava alla ribalta il fatto che esistono, da comune a comune, trattamenti diversi per chi chiede la licenza per l'apertura di un negozio di erboristeria e che perfino a livello ministeriale, le interpretazioni non sono certe.

La situazione è, in parole brevi, che alcuni comuni non richiedono, agli aspiranti erboristi, un diploma di erborista, ma solamente un esame sostenuto dinanzi alla Camera di Commercio. Milano ne è un esempio. Altri comuni, come Roma, hanno optato per scindere la voce "erboristeria" in due attività: quella erboristica vera e propria che vende le erbe sfuse (e per la quale richiedono il diploma) e quella invece di una semplice vendita di prodotti salutistici già preconfezionati (per la quale basta invece l'iscrizione alla Camera di Commercio).

Le associazioni erboristiche ritengono che questa prassi sia un'aberrazione, che le autorità comunali dovrebbero in ogni caso chiedere il diploma dell'erborista prima di concedere una licenza. E non per caso, la proposta di legge per regolamentare il settore è chiara e specifica nel dettare la condizione alla quale si potranno vendere al pubblico i prodotti erboristici: sarà necessario il diploma universitario triennale per i nuovi erboristi. Chi è titolare di un negozio avrà la possibilità di adeguarsi, a seconda del titolo che già possiede.

Un altro tipo di negozio

Andiamoci piano però. Stiamo inglobando nell'erboristeria un settore che strettamente parlando con l'erboristeria non è identificabile. Esiste difatti una categoria di negozi oggi spesso muniti di licenza di erboristeria ma che non sono delle erboristerie vere e proprie. Sono appunto quei negozi che ottengono la licenza 'per soli prodotti preconfezionati'. Qui è "l'erborista" che non vuole vendere le erbe sfuse ma gli integratori alimentari e gli altri prodotti salutistici. Blasfemia, mi si dirà, "quella è gente poco seria, bisogna che vada a studiare, a guadagnarsi il diploma".

La risposta però non è così semplice. Credo che in assenza di una specifica voce di tabella merceologica, queste persone abbiano trovato una collocazione come "erboristi", ma in realtà la loro intenzione sia di aprire uno degli "health food stores", negozi che vendono prodotti salutistici con indirizzo prevalentemente nutrizionale.

Qualcuno potrà dire: Se vendono i prodotti naturali, perché non dovrebbero diventare erboristi veri e propri, ottenendo il diploma di erboristeria?

Veramente è una questione di competenze diverse. L'erborista proviene dal campo delle erbe officinali e si è via via avvicinato alla nutrizione, includendo degli integratori nel proprio repertorio anche se non ha una conoscenza specifica in materia. L'health food store proviene dal campo della nutrizione e si è avvicinato all'erboristeria, includendo nel suo repertorio dei prodotti alle erbe che possono complementare gli effetti salutistici nutrizionali dei suoi prodotti. Quello che oggi vediamo sotto l'ombrello del termine "erboristeria" è un misto omogeneo di queste due competenze.

Nemmeno per i prodotti stessi è facile operare una distinzione tra l'erboristico e il nutrizionale. Gran parte dei prodotti oggi venduti nelle erboristerie e negli altri negozi della salute nautrale non si limitano strettamente alle sole erbe o alla sola nutrizione. Gli uni contengono un po' degli altri. Piuttosto che dover trovare una linea di dimarcazione tra il prodotto erboristico e prodotto nutrizionale (del tipo "contiene prevalentemente . . . ) sarebbe preferibile disporre di un unico tipo di negozio del naturale che li vende entrambi, senza distinzione.

Scenari per il futuro

Da questo punto di vista non è assolutamente scontato che chi in futuro volesse vendere i prodotti naturali e salutistici dovrebbe diventare per forza erborista diplomato/diplomata, specialmente quando la prevalenza del prodotto venduto va verso il campo della nutrizione. Il testo della proposta di legge per l'erboristeria sembra comunque indicare proprio quella direzione, un fermo "no" a chi non è diplomato e un fermo "no" al prodotto polivalente. Vista questa situazione, per il prossimo futuro ci sono due possibili scenari:

  1. L'erborista ottiene una legge per la quale ogni negozio erboristico deve essere diretto da una persona diplomata in erboristeria. In questo caso, il secondo tipo di negozio cercherà una sua identità e una collocazione in termini di tabelle merceologiche, separate da quelle dell'erboristeria. La recente riforma della tabella XIV aiuterà in questo senso, trattandosi sempre e comunque di "prodotti per la persona". Si potrà avere in questo caso una netta separazione tra erboristeria e health food store, probabilmente a danno dell'intero campo dei prodotti naturali.

  2. La vendita dei prodotti di erboristeria non preconfezionati e soprattutto la miscelazione delle erbe viene collegata alla persona dell'erborista, non alla denominazione dell'esercizio commerciale. In questo caso le erboristerie potrebbero essere tante, alcune si limiteranno ad essere negozi di prodotti salutistici generici, sia nutrizionali che a base di erbe, ma sempre preconfezionati, altre avranno al loro interno la presenza di un erborista diplomato. Queste ultime si distinguerebbero per una maggiore professionalità in tema di erbe e per la facoltà di vendere le erbe sfuse e miscelate. Gli altri sarebbero semplici negozi di prodotti salutistici, con del personale magari più portato verso i temi dell'alimentazione e della nutrizione.


La prima ipotesi ci porterà ad una situazione di esclusività, di monopolio erboristico, gestito dalle erboristerie insieme alle farmacie. In questo caso il prodotto nutrizionale cercherà di trovare un suo canale a parte. Paradossalmente, questa situazione "sicura" finirà per favorire la dissoluzione del monopolio e la introduzione nella grande distribuzione dei prodotti che vengono definiti "erboristici". Questo è un fenomeno già in atto con i farmaci da banco. Bisogna solo guardare con un occhio fuori dall'Italia e vedere quello che succede nella Comunità Europea, per rendersene conto. Sia in Francia che in Inghilterra per esempio si trovano già oggi delle farmacie o talvolta "parafarmacie" all'interno di tutti i grandi magazzini.

La seconda ipotesi potrebbe portare alla formazione di un forte polo dei salutistici, con un negozio caratteristico, appunto l'erboristeria che potrà vendere tutti i prodotti salutistici. Il vantaggio dell'erboristeria sarà sempre un servizio attento, professionale e personalizzato, che la grande distribuzione difficilmente riuscirà a dare.

Quale ruolo per l'erborista?

Le figure professionali della salute, siano esse mediche o no, generalmente non sono mai i venditori. Il dietologo da consigli per l'alimentazione e gli integratori, ma in genere non può vendere dei prodotti al pubblico. Lo stesso dicasi per il medico che consiglia dei prodotti naturali. L'utente finale acquista in erboristeria, in farmacia o nel negozio del naturale di sua fiducia.

L'erborista potrebbe avere un ruolo simile al farmacista quando si parla di preparazione e vendita al pubblico delle erbe sfuse. E questo lavoro lo può fare in farmacia o in erboristeria o nella grande distribuzione, in un punto vendita appositamente allestito.

L'erborista potrebbe però anche avere un suo ruolo distinto di professionista della salute, cioè potrebbe, al di fuori del negozio, dare consigli sull'utilizzo delle erbe per la salute. In questo caso potrebbe indirizzare il suo cliente verso un punto vendita non da lui diretto, per l'acquisto dei prodotti. Starà agli erboristi la scelta di quale ruolo preferire. Un commento fatto da quasi tutti i relatori nel convegno a Verona era di questo tipo: "Con il nuovo titolo di studio, l'erborista non potrà più essere un venditore di prodotti semplici (sottinteso: a scarsa efficacia)." All'erborista, insomma, si dovrà riconoscere un ruolo importante in capitolo salute pubblica e prevenzione.

Sono perfettamente d'accordo con ciò. L'erborista sarà la massima autorità in tema di erbe officinali. Vedo però l'erborista come consulente, piuttosto che come un semplice negoziante. Se ogni erboristeria avrà la facoltà di collaborare con un'erborista, oltre che con un nutrizionista, e magari con altre figure professionali che vi si aggiungeranno man mano in futuro, l'erboristeria diverrà il punto fermo della salute naturale e potrà così reggere all'urto della grande distribuzione.

L'esclusività non è solo positiva

Se al contrario l'erborista deciderà di chiudersi in una esclusività decretata per legge, di gestire una estensione del monopolio farmaceutico, l'erboristeria come la conosciamo oggi potrà facilmente sparire. Per prima cosa l'erboristeria non sarà più distinguibile dalla farmacia, caso mai sembrerà una "farmacia povera". Poi la stessa figura professionale che sarà titolare dell'erboristeria finirà per esportare nella grande distribuzione quello che si sta cercando di proteggere. L'esempio di questo sviluppo (vedi le "parafarmacie") è già davanti agli occhi di tutti nei nostri paesi vicini.

Ricordo agli erboristi che a espandersi nel campo della salute non sono i monopoli ma la conoscenza a livello pubblico dei prodotti naturali per la salute, erbe e nutrizione comprese. Quello che il pubblico chiede è di essere ascoltato e consigliato con professionalità ed è qui che i nostri negozi - siano essi chiamati erboristeria o alimentazione naturale o quel che si voglia - si possono distinguere e possono assicurarsi un futuro prosperante.

Qualcuno magari si ricorderà di un mio articolo precedente, pubblicato in Erboristeria Domani nel settembre 1994. Il titolo era "Allargare il campo - L'erboristeria nel contesto europeo". Già allora avevo espresso la mia perplessità circa la spinta verso una politica di esclusività erboristica. Le reazioni a quel punto furono miste, divise più o meno a metà tra erboristi puri e sostenitori di un'apertura dell'erboristeria a tutto il campo del naturale.

Probabilmente se si facesse un'inchiesta oggi, le percentuali varierebbero in un senso o nell'altro. Non sto cercando di convincere gli erboristi a prendere una certa direzione. La mia preoccupazione è che si stia andando avanti con una legge sul settore erboristico, senza aver fatto una valutazione della situazione attuale e senza aver discusso fino in fondo le strategie di base per il settore del naturale.

L'erboristeria non vive in un vuoto. Ha attorno a sé (e perfino al suo interno) altre realtà ed altre competenze che bisogna ascoltare prima di decidere di fissare - con una legge - il quadro legislativo per gli anni a venire.

Josef Hasslberger Roma, marzo 1997