Corre l'obbligo di precisare alcune cose molto interessanti: il Ministro si mosse solo dopo l'iniziativa del magistrato, chiaro segno che anche alla Sanità temevano gli sviluppi di una situazione per troppo tempo e volutamente tenuta sotto silenzio; la eventuale e nuova approfondita verifica non avrebbe dovuto ricalcare quella beffa eseguita nel 1970; ed ancora, questa volta non avrebbero potuto tenere fuori dal gioco né Bonifacio, né noi, né tutti coloro che, sia sperimentalmente che clinicamente, ne avevano dimostrato l'efficacia.
Nell'enunciare questi fatti, che si susseguivano a ritmo continuo, abbiamo un po' tralasciato di raccontare tutto ciò che insieme a Bonifacio nel frattempo stavamo preparando. Consci dell'ambiguità ed anche della disonestà, più volte manifestata dai baroni della medicina e dagli stessi uomini politici coinvolti nella holding medica, cercavamo di organizzarci in maniera fattiva e valida. Stabilimmo di creare, con Bonifacio, un'Associazione che avesse come suo precipuo compito quello di portare innanzi il discorso scientifico di ricerca, insieme a quello casistico clinico.
Così chiedemmo aiuto al Comune di Agropoli, al sindaco protempore ed a tutto il consiglio comunale, nella sua veste spiccatamente sociale e non politica.
Il 16 gennaio 1982, in una seduta straordinaria dello stesso consiglio comunale, presenti Bonifacio e noi stessi, di fronte ad una folla di giornalisti, televisioni private e non, il consiglio accettò l'associazione per lo studio del siero Bonifacio e si fece garante dei fini istituzionali della stessa, provvedendone al controllo. Inoltre mise a disposizione dei locali comunali, ove potesse continuare la distribuzione gratuita del prodotto nei giorni di sabato e domenica.
Cominciammo, così, una più stretta e fattiva collaborazione con lo stesso Bonifacio, ma quel che più importava, potevamo venire a contatto diretto con le migliaia di ammalati o loro parenti, allo scopo di raccogliere una valida documentazione medica, cosa che fino ad allora Bonifacio non aveva mai fatto. Fra l'altro, oltre lo studio sperimentale e clinico, nell'ambito dell'Associazione ci proponevamo di creare un vero e proprio comitato scientifico, composto da personale qualificato, che ci consentisse in qualunque momento di controbattere le decisioni ministeriali con dati alla mano.
Si cominciò la spola tra Messina ed Agropoli tra disagi indicibili, si viaggiava in treno, in seconda classe, si mangiavano panini, quando era possibile, per risparmiare. In quei locali comunali c'era un freddo terribile, la gente in fila, ordinata, ognuno con la propria documentazione e con tanta pena nel cuore, veniva da noi a consegnare cartelle cliniche, certificati medici, o soltanto a chiedere una parola di conforto. Terminavamo questo lavoro di casistica, di catalogazione, a tarda sera e velocemente si riguadagnava la stazione per ripartire, stanchi, distrutti, ma sicuramente contenti per quello che stavamo facendo, consapevoli di aver aiutato tanta gente sofferente e di aver speso una parola di speranza per ognuno di loro.
Giungevamo a Messina a tarda notte, sempre che il mare agitato non impedisse alle navi la traversata dello Stretto, in quel caso eravamo obbligati ad attendere per ore nella sala d'aspetto della stazione di Villa S. Giovanni. Durante queste lunghe attese, ricordavamo i casi clinici che ci avevano più colpiti durante la giornata, o cercavamo nuovi spunti, nuove idee di lavoro, per continuare le nostre ricerche sul siero. Questo nostro peregrinare rinsaldò l'amicizia con il dott. Bonifacio, a tal punto che uno di noi lo scelse per battezzare la propria figliola. Questa parentela acquisita ci mostrò Bonifacio nel suo aspetto più bonario e paterno, ed era bello, nei pochi momenti di tranquillità, vederlo sorridere con la dolce infantolina tra le braccia e dire tra sé e sé: forse anche tu - piccolina - hai concorso ad allontanare dall'umanità il grosso flagello del cancro. Questa familiarità lo portò a mostrarci il suo piccolo laboratorio segreto, da molti ricercato, ma mai scoperto. Era gelosissimo di quanto in esso contenuto, frutto di anni di lavoro e di notevoli sacrifici! Ci fece vedere il suo armamentario e, con dovizia di particolari, si soffermò nella spiegazione del procedimento di estrazione e preparazione del suo siero. Meravigliati, conoscendo la sua tipica riservatezza e gelosia, ascoltavamo in religioso silenzio. Più tardi comprendemmo che tale apertura era anche finalizzata alla intenzione di renderci partecipi alla registrazione in Svizzera del metodo di preparazione del prodotto, infatti ci chiese copia firmata del lavoro scientifico da noi eseguito sugli animali da laboratorio.
Nel frattempo, era il 19 gennaio 1982, il Ministro della Sanità promosse l'istituzione di una nuova Commissione di studio per il preparato Bonifacio:

MINISTERO DELLA SANITA'
CENTRO STUDI
IL MINISTRO

Vista...............
DECRETA:

Art. 1 - Per la finalità di cui in premessa, è istituita presso il Centro Studi del Ministero della Sanità una Commissione di studio, con il compito di accertare le proprietà terapeutiche del c. d. siero Bonifacio nel trattamento dei tumori.
Art. 2 - La Commissione di cui al precedente art. 1 è così composta: Prof. Enzo Bonmassar, ordinario di farmacologia, Università di Perugia, Presidente; Prof. Francesco Bresciani, ordinario di patologia generale, Università di Napoli, Componente; Prof. Francesco Dammaco, direttore patologia medica, Università di Bari, Componente; Dott. Mario De Lena, primario oncologia, Istituto di Bari, Componente; Prof. Silvio Garattini, direttore Istituto Mario Negri di Milano, Componente; Prof. Aldo Barduagni, primario divisione medicina ed ematologia, Istituto Regina Elena di Roma, Componente; Prof. Angelo Nicolin, direttore Laboratorio di Farmacologia Istituto Tumori di Genova, Componente; Dott. Gabriele Tancini, assistente Istituto Tumori di Milano, Componente; Dott. Enzo Scozzarella, dirigente superiore medico, Ministero della Sanità, Componente. Le funzioni di segreteria sono affidate al dott. Rossano Ranchetti, collaboratore - coordinatore del ruolo speciale del Ministero della Sanità.
Art. 3 - La Commissione di cui al precedente art. 1 dovrà concludere i suoi lavori entro 12 mesi dalla data di insediamento.
Gli Art. 4 e 5 parlano delle retribuzioni della Commissione e relativi gettoni di presenza, mentre la spesa relativa graverà sul capitolo 1112 del bilancio del Ministero della Sanità.

Finalmente anche il Ministero della Sanità smentiva i risultati della Commissione Bucalossi del 1970: questa volta sembrava tutto in ordine, ma attenzione: pochi oncologi e nessuno di quelli autorevoli, forse per non essere coinvolti come i loro predecessori? E poi, vi ricordate di Silvio Garattini, cosa aveva già affermato sul mensile Salve? E Barduagni, il quale pur non facendo parte della Commissione del '70, era stato l'esecutore materiale delle somministrazioni di siero al Regina Elena? Come fidarsi? A che gioco si giocava ancora una volta? Che tipo di indagini si sarebbero eseguite e dove? Eravamo certi, fra l'altro, che non ci sarebbe stata una terza Commissione, questo sarebbe stato il giudizio definitivo. Bisognava stare molto attenti e agire di conseguenza. Le nostre perplessità cominciarono subito a prendere corpo, infatti dopo un mese dalla istituzione della Commissione, i componenti si dibattevano nell'angoscioso problema sulla linea di ricerca da seguire. Dopo numerose riunioni, più o meno segrete, stabilirono che sarebbe stato opportuno sperimentare il prodotto direttamente sull'uomo, ricalcando l'iter del '70.
Ma, trascorsi pochi giorni, il presidente Prof. Bonmassar, in un'intervista rilasciata ai giornali, dichiarava che prima d'ogni altra prova doveva essere effettuato il cosiddetto sbarramento preclinico, ovvero andavano eseguite prima delle prove biologiche su animali.
Da quanto sopra esposto, già si evincevano grosse incertezze tra gli stessi membri della Commissione, come se serpeggiasse una sorta di paura determinata dal timore, da una parte di bruciarsi agli occhi dei colleghi e di quella stessa scienza ufficiale che loro stavano rappresentando e dall'altra, la paura del giudizio dell'opinione pubblica.
I giorni ormai volavano via, erano trascorsi due mesi e, cosa gravissima, ancora non decidevano dove, quando e come eseguire la sperimentazione; non erano in grado di elaborare dei protocolli degni di tal nome, una linea di ricerca scientificamente valida.
Vorremmo far notare che ciò, per ogni Componente la Commissione, doveva essere il pane quotidiano, quello che normalmente veniva effettuato negli Istituti da loro diretti. Perché in questo caso tanta difficoltà? Perché, a titolo conoscitivo, non convocavano Bonifacio e noi, e tutti quei ricercatori che negli ultimi anni si erano interessati al problema? Niente! Nessun parere venne chiesto, quasi temessero di infangarsi, o peggio di contagiarsi ascoltandoci. Povera Italia! Dante senza ombra di dubbio ne avrebbe fatto un sol fascio di questi illustri scienziati, scaraventandoli nel limbo, o forse tra gli inetti.
Orbene, colmo dei colmi, alla fine riuscirono ad escogitare una soluzione a loro avviso ottimale: far eseguire i lavori presso l'Istituto Bethesda, nel Maryland (USA); così loro non si sarebbero sporcate le mani e nel contempo avrebbero tenuto fuori anche gli Istituti italiani diretti dai loro compari; sostenevano che solo così si sarebbe potuta avere obiettività di giudizio. Da ciò si evinceva che tale obiettività, in Italia, non si sarebbe avuta già in partenza; ma, cosa ancor più grave, che nella nostra Nazione non si trovasse un Istituto o un Laboratorio disposto e capace di effettuare delle prove così semplici, già riuscite a ricercatori isolati? Che fine avevano fatto tutti i nostri Megalaboratori attrezzati, con apparecchiatura da miliardi e di cui tanto si vantavano i rispettivi Direttori? E poi, che prove avrebbero eseguito in America? Sarebbe stato loro spiegato e da chi, di che cosa si trattava? No, una sperimentazione così fatta non era accettabile! Il tempo trascorreva inesorabile, si era giunti ai primi di Maggio dell'82: Bonifacio, amareggiato, deluso per tanta noncuranza da parte della medicina, minato nello spirito da 33 anni di inutili lotte, malato e stanco, in una concitatissima conferenza stampa, annunciava ufficialmente il suo ritiro.
Potete immaginare il caos che ne derivò! La gente si chiedeva incredula, com'era possibile che Bonifacio potesse abbandonarli al loro destino?
A nulla valsero le lettere, gli appelli, i telegrammi che lo sollecitavano a riprendere, a non gettare la spugna. In realtà noi sapevamo che non poteva, perché gravemente malato e nonostante cercassimo di calmare gli animi, molti cominciarono ad organizzare le prime manifestazioni ad Agropoli: fu occupata la stazione ferroviaria, con blocco dei binari, fu occupato il municipio, si effettuarono marce su Roma, cortei a Napoli, scioperi della fame. Ma nonostante questo, da parte delle autorità, assoluto silenzio, o peggio disinteresse. In questo frangente fummo sollecitati continuamente da migliaia di persone, che ci chiedevano di non abbandonarli e di continuare l'opera di Bonifacio. così il 4 Giugno 1982, ci presentammo al responsabile dei servizi di medicina sociale presso il Ministero della Sanità a Roma, dott. Proia che, dopo averci ascoltato, ritenne opportuno informare personalmente il Ministro Altissimo della situazione che si era venuta a creare. Avvenne l'impensabile. Il ministro convocò d'urgenza la commissione Bonmassar, che si sarebbe dovuta riunire con noi.
Alle 16,30 avvenne l'incontro, in una stanza al secondo piano dei locali ministeriali; attorno ad un lungo tavolo si sarebbero decise le sorti del siero Bonifacio.
Lo scontro cominciò e subito ci accorgemmo che a loro interessavano ben poco le necessità dei malati; noi chiedevano che fosse prodotto il siero con sollecitudine dagli Istituti zooprofilattici e distribuito, parte per iniziare le sperimentazioni e parte agli ammalati bisognosi.
Dopo tre ore di accesissime discussioni, volarono anche parole grosse, Bonmassar e alcuni componenti cedettero alle nostre richieste, mentre ostinatamente, quasi per puntiglio e con cattiveria, resistevano Garattini e Barduagni. Pressato, stretto alle corde, Garattini perse la calma ed affermò che era preferibile lasciar soffrire e finanche morire la gente, anziché somministrare il siero Bonifacio. Infine cedettero anch'essi, più perché sollecitati dagli altri componenti la Commissione, che per vera convinzione.
Si era giunti alla produzione del siero di Stato.
Annunciammo alla stampa quanto era stato deciso. Eravamo soddisfatti del risultato raggiunto; infatti sapevamo che il Ministero della Sanità, attraverso gli Istituti zooprofilattici, poteva realmente produrre e distribuire il siero, garantendone la fornitura ai malati di cancro che ne avessero fatto richiesta, ed insieme, finalmente, si poteva cominciare una vera e seria sperimentazione.
Troppo bello per essere vero. La medicina ufficiale, ancora una volta, colpì a tradimento; dopo sole 24 ore la commissione Bonmassar si rimangiò tutto, facendoci ripiombare nel buio più fitto, vanificando tutti i nostri sforzi. Eravamo frastornati, avviliti, ci chiedevamo a cosa fossero serviti anni di duro lavoro, di sacrifici, di speranze. Era mai possibile seppellire, cancellare le nostre esperienze? A cosa era servito al vecchio Bonifacio rivelare la formula? A cosa era servita tutta una vita dedicata a lenire le sofferenze dell'umanità? Ci ritornava in mente, torturandoci, il messaggio, il testamento morale che Bonifacio ci aveva lasciato in eredità:
"Con affetto ed ammirazione per il lavoro scientifico che stanno svolgendo con competenza, entusiasmo ed obiettività. La battaglia è dura e difficile e le difficoltà non saranno soltanto di natura scientifica. Prometto, fin d'ora, che se si avrà la forza e il coraggio di non piegarsi, saranno consegnati alla storia della medicina, da protagonisti di una scoperta che non sarà soltanto mia.
Agropoli, 26/10/1980
LIBORIO BONIFACIO"

Inoltre, moralmente non ci sentivamo di abbandonare gli ammalati che, insistentemente, si rivolgevano a noi, molto spesso non solo per chiederci una cura che potesse guarirli, ma soprattutto per aiutarli a morire con dignità, senza atroci sofferenze, da esseri umani e non da larve quali li avevano ridotti la malattia e le terapie ufficiali praticate indiscriminatamente.
Infatti, all'XI Congresso mondiale di Oncologia, il più famoso, sia per presenze illustri che per numero di partecipanti (circa 9.000), dove dovevano essere tirate le somme di anni di ricerca, il suo segretario generale, Umberto Veronesi, affermò che era necessario rimboccarsi le maniche e ripartire, con estrema umiltà, da basi nuove.
Si erano così amalgamati vari fattori, quali il messaggio di Bonifacio, le sofferenze dei pazienti, l'impotenza delle terapie ufficiali ed in ultimo la nostra convinzione che la scoperta dell'anticancro sarebbe venuta dall'intuizione di un singolo, anziché dal lavoro di équipe; tutto ciò ci spinse a continuare.
Cercammo di integrare i nostri studi, documentandoci sulle abitudini di vita della capra selvatica e grande fu la meraviglia quando apprendemmo che essa era stata usata per millenni nella cura dei tumori. L'idea di curare il cancro con un estratto del contenuto gastrointestinale caprino, nacque in Persia, e da qui passò agli Arabi e poi in Europa, ed intorno all'anno mille giunse anche in Italia. Gli antichi persiani chiamavano padzahr una concrezione che si formava nello stomaco dei caprini, usata come anticancro, gli arabi la chiamarono bazar o badizhar ed in ultimo gli europei beozar o benzoar o belzoar.
Le esperienze raccolte, gli studi fatti sulle più disparate terapie con prodotti biologici, ci permisero di mettere in pratica quanto da tempo avevamo sperimentato sui nostri animali da laboratorio.
Con un metodo originale di preparazione, ottenemmo un prodotto che si dimostrò molto più immunoattivo, lo affinammo ulteriormente, lo standardizzammo, saggiandone la tossicità, la pirogenicità e la sterilità.
Rivolgemmo ancora le nostre ricerche in varie direzioni, approfondendo la conoscenza del farmaco da un punto di vista chimico, biochimico e microbiologico, isolando i singoli componenti e valutandone sperimentalmente la loro immunogenicità.
I singoli aminoacidi trovati, le lipo e le glicoproteine, furono saggiati singolarmente e per gruppi sugli animali, ottenendo risultati terapeutici incoraggianti. Il prodotto, iniettato per via intramuscolare, era assorbito meglio e più velocemente, i tempi morti tra l'inoculazione e l'azione terapeutica erano dimezzati. Riuscivamo meglio a seguire i pazienti richiedendo tests immunologici specifici, che ci consentivano di controllare i parametri immunitari, sia umorali che cellulari. Riuscimmo ad ottenere un movimento rigogliosissimo di macrofagi, di linfociti T e B, di granulociti neutrofili; ove possibile, oltre alla terapia generale, applicammo anche quella locale, con netti ridimensionamenti di grosse masse neoplastiche.
Riuscimmo a monitorizzare, con il lavoro univoco di medici curanti e di specialisti, 80 casi di neoplasie polmonari in stadio avanzato e di presentarne i miglioramenti ottenuti con la somministrazione del prodotto biologico da noi usato, ad un convegno medico tenuto a Roma, sul tema: Terapie biologiche nella cura del Cancro.
Fu un vero successo; avevamo dimostrato risultati inequivocabili, l'efficacia della nostra terapia, là dove le terapie ufficiali non avevano potuto più nulla. La nostra casistica, ormai si avvaleva di migliaia di casi, è ovvio che non in tutti riuscivamo ad ottenere grossi risultati, anche perché la stragrande maggioranza (95%) dei pazienti che si rivolgevano a noi era ormai in fase terminale; ma, nonostante tutto, potevamo affermare che, anche ove non ottenevamo grossi risultati sulla neoplasia e le sue metastasi, sicuramente vedevamo dei miglioramenti delle condizioni generali, con diminuzioni nette della sintomatologia dolorosa ed un ritorno ad una vita più umana.
In questa nostra assurda esperienza, abbiamo incontrato ostacoli enormi, ma abbiamo anche ricevuto attestazioni di solidarietà umana.
Vogliamo citare un uomo per la sua carità e per il suo coraggio; fu l'unico che ci aprì le braccia e il cuore, ospitandoci nei locali della sua parrocchia: Don Vincenzo Paglia, il quale ricevendoci ci disse "Io non so se questo prodotto cura il cancro, so soltanto che dinanzi a Dio ed a me stesso, come uomo e come sacerdote, devo accogliere questi poveretti ed aiutarli, con tutto quello che mi è concesso di fare". Continuando, "la Chiesa non può sottrarsi ai suoi doveri ed attuare un'opera di cristiana carità, così come fece Cristo 2.000 anni fa. In un mondo disumano, dove la violenza assurge a simbolo di vita, è sacrosanto che la Chiesa manifesti la propria solidarietà a chi soffre".

Esaminando la casistica finora raccolta, possiamo affermare che:
1) In tutti i casi trattati con IMB (Immuno Modulante Biologico) si è sempre, indiscutibilmente, constatato un miglioramento della sintomatologia soggettiva ed obiettiva, consistente in: ripresa dell'appetito, aumento ponderale, normalizzazione del sensorio, diminuzione e/o scomparsa del dolore, scomparsa dello stato tossico, scomparsa dell'ittero, chiusura di fistole neoplastiche, diminuzione e/o scomparsa delle emorragie, normalizzazione dell'emocromo, diminuzione del CEA e dell'alfafetoproteina e di altri parametri ematochimici.
2) Tumori del polmone: la risposta alla terapia con IMB è in generale ottima, pur risultando condizionata dall'istotipo della neoplasia; infatti rispondono meglio il carcinoma spinocellulare e l'adenocarcinoma. Nel 90% dei casi si è osservata la scomparsa del dolore, nel 70% dei casi la diminuzione della dispnea, della tosse, l'aumento della capacità respiratoria, la normalizzazione della crasi ematica, nel 40% dei casi la normalizzazione del CEA. I casi trattati in precedenza con radiazioni e/o con chemioterapia antiblastica sono stati l'85%; nel 3% si è osservata, con controlli radiologici fatti costantemente, la stasi della massa neoplastica o la sua riduzione, e delle metastasi locoregionali e/o a distanza. Il rimanente numero dei casi presentava una ripresa, anche se più lenta, della malattia, dopo un iniziale periodo di miglioramento.
3) Tumori del sistema nervoso: anche in questo tipo di neoplasia, la risposta è stata, in generale, ottima. La stabilizzazione della massa neoplastica, repertata con TAC, è stata osservata in grosse percentuali. In tutti gli altri casi si sono comunque constatati gli effetti generali positivi riferiti al punto 1.
4) Tumori dell'apparato digerente e delle vie biliari: in particolare hanno risposto positivamente alla terapia con IMB i tumori dello stomaco e del sigma-retto. Alcuni casi, ritenuti inoperabili e con metastasi peritoneali, sono stati riportati all'operabilità.
5) Tumori dell'utero, ovaio e mammella: i risultati ottenuti su queste neoplasie sono molto confortanti, sia come azione antineoplastica sulle masse primarie, ma anche sulle metastasi ossee. Anche in questi casi, molti sono stati riportati alla operabilità, i controlli scintigrafici dimostravano un contenimento od anche una riduzione dei focolai metastatici.
6) Tumori del pancreas: la risposta è ottimale, sia per il ridimensionamento della massa neoplastica pancreatica, sia sui fenomeni compressivi estrinsecatisi a livello duodenale e delle vie biliari.
Concludendo, i risultati da noi ottenuti sono da ritenersi eccezionali, se si considera che gli ammalati che utilizzano l'IMB sono stati già sottoposti alle terapie ufficiali altamente debilitanti, e che quindi si rivolgono a noi in condizioni di profonda degradazione o terminali.
Molto spesso il paziente riprende una vita normale, a tal punto da poter riprendere la propria attività lavorativa, riallacciando, nell'ambito della famiglia, quegli affetti trascurati per la malattia.
Riportiamo qui di seguito una tabella, riguardante solo i casi a noi presentatisi con una documentazione clinica completa, trattati con IMB e da noi seguiti con esami specifici, allo scopo di studiare l'evoluzione della malattia e nei quali si è riscontrata efficacia terapeutica.
I criteri di valutazione dell'efficacia terapeutica da noi seguiti sono stati:
1) diminuzione della massa tumorale;
2) diminuzione o scomparsa di versamenti liquidi neoplastici;
3) prolungamento dell'arco di sopravvivenza;
4) miglioramento della sintomatologia soggettiva e/o obiettiva.

Neoplasia N° casi Efficacia %
cervello 94 78,7
polmone 607 62
stomaco 251 61,5
colon 467 76,1
mammella 353 72,6
pancreas 197 72,7
utero 49 62,5
melanoma 145 77,7
rene-uretere 71 61
prostata 151 73
vescica 97 72,7
fegato 167 69
esofago 36 51
tiroide 27 98
diversi 41 70


Riassunto della comunicazione Trattamento di neoplasie maligne polmonari con IMB in una popolazione non selezionata, presentata ad un convegno medico sulle terapie biologiche.
La terapia con IMB (Immuno Modulante Biologico), somministrata per via intramuscolare per 12 mesi a 80 pazienti portatori di neoplasia polmonare maligna, e tutti con metastasi locoregionali e a distanza, in fase preterminale e con sintomatologia dolorosa, a stento controllata con oppiacei, si è dimostrata estremamente positiva, con una sopravvivenza globale a 6 mesi del 55% e a 12 mesi del 32%, pari a 26 pazienti su un totale di 80.
Vi è inoltre da considerare che, allo stato attuale, questo 32% vive in condizioni respiratorie discrete, con un tipo di vita più che accettabile.
La nostra indagine ha anche messo in evidenza che la risposta immunologica con l'IMB è condizionata da fattori estremamente importanti quali: l'età (la migliore risposta si ha nei pazienti tra i 35-44 anni), l'istotipo (il carcinoma spinocellulare - SQC - e l'adenocarcinoma - ACA - rispondono meglio alla terapia), le terapie precedentemente praticate (decisamente migliori sono le risposte di quei pazienti non trattati o che si siano sottoposti solo a trattamento RT, nella sopravvivenza sia a sei mesi che a dodici mesi).
Anche la sintomatologia, sia locale, che regionale, che a distanza, ne trae ottimi benefici, in special modo nella classe compresa tra i 35-44 anni, con risultati valutabili dell'85% sui sintomi locali, del 75% sui sintomi regionali e del 50% su quelli a distanza.

INDICE

Copertina Prefazione Introduzione La ricerca ufficiale Dove finiscono le vostre offerte Medicina, soldi e potere Le statistiche truccate Prima conclusione La ricerca ostacolata: scoperte e persecuzioni Il caso Alessiani Il caso Görgün Il caso "Albert" Il caso Di Bella Il caso Zora Il caso Bonifacio Il caso Essiac Il caso Hamer Il caso Pantellini Il caso Breuss - Il naturismo - L'aloe Il caso Proper-Myl Il caso Vincent Conclusioni finali Appendice e Nota alla 1° edizione




Non si intende far utilizzare le nozioni contenute in queste pagine per scopi diagnostici o prescrittivi.
Per qualsiasi trattamento o diagnosi di malattia, rivolgetevi ad un medico competente
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